Travel

Viaggi di gusto: 5 piatti imperdibili in giro per l’Italia

I camperisti lo sanno: il senso del viaggio non è nella meta, ma nel viaggio stesso. Sarà anche per questo che, durante un itinerario tratteggiato su tanto di google map, le deviazioni della gola diventano inevitabilmente parte del programma. Andare a caccia del piatto tipico, quello sconosciuto o quello imperdibile, diventa motivo ulteriore di chilometri macinati.

Mettiamo di essere nelle vicinanze di Aosta, capoluogo della piccola meravigliosa Valle d’Aosta: nel fondovalle in cui sorge conserva vestigia romaniche e intorno svettano montagne imponenti, vicino c’è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, letteralmente un giardino botanico alpino che ospita stambecchi e aquile. Tante ragioni per una sosta e per non perdere la carbonade, piatto antico, diffuso anche nel sud-est della Francia, a base di carne bovina, salata per 12 giorni e cotta lentamente, con aglio e lardo affumicato sotto sale e poi “condita” con una salsa di vino bianco, uovo, farina, cannella, chiodi di garofano, pepe e noce moscata. Certo, poi meglio una pennichella prima di rimettersi on the road.

Qualcosa di più light, ma altrettanto tradizionale e imperdibile, è il carpione la specie più pregiata di pesce d’acqua dolce. Si trova nel Lago di Garda e a Desenzano, gioiellino con tesori come il Porto vecchio e il Castello – tanto per citarne solo due – lo propongono in vari raffinati ristoranti. La carne è molto prelibata, ha un alto valore nutrizionale, un sapore molto delicato. In genere è servito con polenta grigliata, arricchita con un filo di Olio del Garda Dop (prodotto che merita di essere acquistato come prelibato souvenir).

Ed è ancora un piatto di pesce talmente unico, che più merita proprio un viaggio: il gambero rosso di Sanremo, pregiatissimo gioiello della città dei fiori. Si pesca solo in queste acque e massimo 200 tonnellate l’anno, fattori che rendono questo crostaceo un prodotto d’eccellenza. La sua polpa rossa e saporita si mangia spesso anche cruda, oppure appena scottata, condita con solo un pizzico di sale. Un gusto che s’imprime nella mente.

Se poi il pesce è la vostra passione, puntate anche sulla Buridda: zuppa con totani, polipi, calamari, che a Sanremo cucinano alla maniera provenzale. Qualcosa di più rustico? Basta andare nella Maremma toscana, nei dintorni di Grosseto, dove anche il più campestre dei piatti è in odore di nobiltà.

È il caso del ciaffagnone di Manciano, antenato delle crépes. Nasce come piatto unico salato: uova, sale, farina e acqua per una pastella lenta, lardo per cuocere in padella e farne dei dischi da condire con pecorino, che poi si ripiegano su se stessi. Voilà: i ciaffagnoni sono pronti. Secondo la leggenda, la ricetta risale al tardo medioevo e nasce dalle mani delle cuoche che prestavano servizio nella Rocca di Manciano, a corte degli Aldobrandeschi e in seguito degli Orsini di Pitigliano. Di nobili in nobili, il ciaffagnone raggiunse la tavola di Caterina De’ Medici a Firenze, che quando si trasferì a Parigi con il marito Enrico II di Valois, cioè re Enrico II, portò con sé una cuoca fidata che conservava la ricetta divenuta poi, con qualche aggiustamento, la base delle crépes.

Niente leggende aristocratiche, ma ghiottonerie impareggiabili quanto l’arte bizantina attendono il viaggiatore curioso a Ravenna, in Romagna: lo squacquerone e il crescione. Il primo è un formaggio tenero, senza crosta, di latte vaccino, riconosciuto dalla Commissione Europea prodotto tipico romagnolo che dal 2012 ha ottenuto la certificazione DOP (Denominazione di Origine Protetta). In genere si mangia dentro una piadina calda, ma anche al cucchiaio, magari accompagnato da fichi: una bontà esaltante. Il crescione, invece, è un ottimo spuntino take away: una specie di calzone alle erbe o con zucca e patate. E si viaggia di gusto.

Ti potrebbe interessare